STELLA LUMINOSA / Undicesimo giorno
Va e viene, la tristezza, viene e va.
È inevitabile, Resisti. Non mollare. Non molliamo.
La vita continua, deve continuare.
Sciò tristezza sciò, lasciami stare, il conto l’ho già saldato.
Un rito, sì, mi serve un rito apotropaico per scacciare la mestizia di questi giorni.
Scrivo e disegno, ridiamo e ci abbracciamo, ridiamo tanto e pensavo che bastasse, ma in certi momenti della giornata, sì in quei momenti… poi passa, sì, poi passa.
Sciò tristezza sciò, guarda fuori dal balcone, la vedi la stella? Sì, la vedo.
È Rocco che ce l’ha messa, è quella di ogni Natale.
L’ha rimontata qualche giorno fa, forse quella stella luminosa è il suo rito: condividere la sua speranza. E allora ogni sera la guardo quella stella fatta di lucine intermittenti.
Va e viene la tristezza, e sento forte la mancanza delle piccole carezze, dei baci di velluto, delle voci sottili e dei pensieri semplici.
Il mondo per loro sarà migliore? Nessuno ancora mi risponde.
Sciò tristezza sciò, spostati più in là e lasciami ballare, voglio ballare fino allo sfinimento, a piedi nudi, sentire male dappertutto e svegliarmi con le ossa rotte.
Ho saputo di una donna, genuflessa davanti alla croce prega tre volte al giorno.
Io non ho un martire con cui parlare, il mio altare è il mondo lì fuori, i miei santi sono fatti di carne e di ossa, sono affamati di vita, piangono, bestemmiano. I miei martiri sono quelli finiti sotto terra prima del tempo.
Però quell’uomo vestito di bianco che ho visto camminare nella strada deserta, beh, quell’uomo mi ha commosso. Mi ha colpito il suo incedere lento, a testa bassa, il viso stanco e le spalle curve come se reggesse tutta la sofferenza del mondo.
È anche lui un uomo, ho pensato, un uomo di carne e di ossa, come me.
Sciò tristezza sciò. Di tempo ne abbiamo. Lasciami ballare. Ballare abbracciata a quella stella luminosa.
©MimmaRapicano_2020