PASSA PIÙ TARDI / Diciannovesimo girono

È stanco, l’uomo vestito di bianco. Prega rivolto a una piazza vuota. Un vuoto che sprofonda e abbaglia. La colonna sonora alla sua supplica è il ticchettio della pioggia, i garriti dei gabbiani. La natura s’è presa finalmente il posto suo, quello che l’umanità gli aveva usurpato.
Prega, l’uomo vestito di bianco, e le sue parole sono le parole di un libro antico, invoca il padre suo, lo chiama per assolverci tutti, chiede indulgenza, pietà.
La tempesta, dice, è arrivata, sta travolgendo ogni cosa, siamo vulnerabili, dice, pregni d’egoismo. Il superfluo di ieri è il nulla di oggi.
Nessuno si salva da solo, dice ancora, siamo tutti parte del grande progetto divino. 

Qui tentenno, perché io non mi sento figlia del padre suo, ma non discuto la fede dell’uomo vestito di bianco, a me lui piace. Mi piace la sua espressione e le sue mani, lo sento sincero.
Campane e pioggia, pioggia su pioggia. Che siano le lacrime di quello lassù?
E la paura si aggrappa alla speranza di un futuro migliore di questo, perché in tutto ‘sto casino la gente deve pur credere in qualcosa. E milioni di mani si alzano verso il cielo e chiedono perdono per i peccati del mondo, per quelli di prima e per quelli di dopo.

I più maligni, o i più lucidi tra noi, chissà, vedono i segnali dell’imminente resa dei conti, l’Armagheddon, la battaglia di tutte le battaglie. E l’uomo vestito di bianco incita i suoi fedeli a non temere, “Lui non ci lascerà soli”, urla rivolto alla piazza. Sta arrivando un esercito di santi e cherubini, fate largo nei vostri cuori. E bacia i piedi scolpiti nell’antico legno e io qui proprio non riesco a capire, e mi fermo. La supplica dell’uomo vestito di bianco non mi convince e lo lascio avvolto nei suoi sacri paramenti.
Rispetto quelle parole, so che sono necessarie a chi ha l’animo pronto per accoglierle, parole che daranno sollievo e l’ecclesiastica benedizione arriverà dove deve arrivare.
L’immagine di quella piazza vuota è già nella storia, storia che si sta compiendo proprio ora, qui, dentro e fuori le nostre case. E sarò strana, ma per me l’assenza dell’uomo in quella piazza è quanto di più sacro abbia mai visto in vita mia. 

E poi ieri sera, mentre rifletto sulla tempesta e tutto il resto, mi arriva un messaggio, una foto e la vocina di Maia, pronipotina di otto anni. Il mio cuore scoppia. È lei, penso, con l’innocenza e la purezza, la mia speranza. I suoi pensieri sono inviolati e sinceri, non ancora inquinati dalla cattiveria del mondo. Ed è per lei e per tutti i puri della terra che dovreste pregare e invocare la salvezza. Soltanto per loro.

La mia preghiera? È semplice e banale: «Dio, per favore, passa più tardi».

©MimmaRapicano_2020

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