PRIMA DI TUTTO QUESTO / Ventunesimo giorno
Una sbiadita fotografia e dei fiori di plastica fradici di passato è ciò che rimane di Edvige e della signorina Parisi. Nate nel 1925 e morte nel 1948 a pochi giorni di distanza. Avevano circa vent’anni.
I parenti delle due donne, di generazione in generazione, ne hanno perso memoria. Ora riposano in loculi abbandonati che presto saranno svuotati.
Prima di tutto questo le avevo adottate. Così, ogni domenica mattina, dopo aver salutato i miei familiari con due chiacchiere, dei fiori e qualche lacrima, mi recavo da Edvige e dalla signorina Parisi. Anche a loro portavo i fiori freschi e chiedevo a entrambe di badare ai miei genitori, anziani da questa parte ma ancora giovani dall’altra.
Nel 1948 anche mia madre e mio padre avevano circa vent’anni. Ma i miei genitori e le due donne non si conoscevano, o almeno credo. E mi piace immaginarli tutti insieme, sorridenti e pieni di speranza.
Li vedo ballare, spalla a spalla, una domenica pomeriggio in una di quelle feste improvvisate sui terrazzi. La guerra era appena finita, c’erano macerie su macerie, l’Italia era un paese spezzato, si piangevano i morti ma la fame non pesava più, erano vivi. Bisognava andare avanti e ricominciare.
Mia madre ci parlava spesso della sua vita, prima, durante e dopo il conflitto. Le bombe, le corse nei rifugi, la famiglia numerosa, Napoli, La Spezia, le amiche, gli addii, l’incoscienza… e sono felice d’averle ascoltate quelle storie, d’aver visto nei suoi occhi il dolore che, nonostante fossero passati più di sessant’anni, lei ancora sentiva, vivo, indelebile.
Mentre oggi, chi ancora conserva la memoria di quei giorni cade sotto i colpi di un “nemico invisibile”. Non c’è più tempo per rimediare, per registrare le voci, censire la vita del secolo scorso. Non c’è più tempo.
È domenica pomeriggio, i numeri del contagio salgono, scendono. Nessuno sa ancora come fermare la pandemia. È una pigra domenica pomeriggio la mia, pigra è l’aria lì fuori, pigri sono anche i ricordi qui dentro, ogni tanto saltellano, cambiano umore e colore.
E penso ai miei piccoli gesti, al rito del cimitero la domenica mattina, alle cose banali che facevo prima. Prima di tutto questo.
©MimmaRapicano_2020