MALACQUA, Nicola Pugliese

“Dio mio, Dio mio, hanno una così breve vita le cose belle.”
Le cose belle hanno inevitabilmente una fine e anche quando si legge un romanzo intenso e coinvolgente come MALACQUA di Nicola Pugliese, la fine vorresti proprio non arrivasse mai.
Terminata la lettura ho sfogliato il libro in cerca dei passaggi evidenziati con la matita, quelli ai quali avevo disegnato baffi e crocette.
Ogni libro arriva per vie sempre diverse e negli ultimi anni alcuni romanzi e racconti sono arrivati a me leggendo le recensioni sul web, in blog e riviste letterarie, avamposti di lettori e scrittori che condividono le loro impressioni.
E la recensione di MALACQUA – Quattro giorni di pioggia nella città di Napoli in attesa che si verifichi un accadimento straordinario, scritta da Antonio Russo De Vivo sul suo blog Correzione di bozze & editing, mi ha convinta senza esitazione.
Nicola Pugliese, con uno sguardo attento e distaccato quanto basta, scrive di una Napoli insolitamente umida e grigia, senza orpelli narrativi e nessun luogo comune. La città diventa un tutt’uno con i suoi abitanti, un intreccio impossibile da sciogliere come un cordone ombelicale che ora sazia ora affama.
Con una scrittura musicale Pugliese crea una partitura perfetta dove trascrive i desideri, le illusioni, le sofferenze di un’umanità che affanna, gente che vive di consapevole miseria, di una vita frantumata e poi di amore, sesso, mistero e morte.
MALACQUA è come una fuga a più voci dove i personaggi e il loro dolore fanno da controcanto alla paura e all’attesa di un accadimento straordinario.
Napoli è una perenne melodia di nostalgia e d’angoscia, una città malata, che collassa, che pretende sacrifici, ieri come oggi, sempre uguale a sé stessa.
E poi c’è la pioggia che come il convitato di pietra cambia ogni prospettiva. Una pioggia ininterrotta che cade per quattro lunghi giorni, giorni di un oscuro presagio sussurrato all’orecchio di tutti dal costante ticchettio dell’acqua. Il susseguirsi di strani e inspiegabili eventi che accadono in città sembrano quasi una punizione divina e la pioggia, come il diluvio universale, viene giù per redimere e purificare. Nessuno reagisce al “maleficio” e l’invitabile sorte è accettata perché – tutti ne sono certi – non vi è più nessuna salvezza.
Quella pioggia io l’ho avvertita fin nelle ossa e mi sono ritrovata fradicia, con i piedi zuppi e sporchi di fango a incontrare il dolore sordo di Andreoli Carlo –il personaggio con cui si apre e chiude il romanzo – che vorrebbe fuggire anche se: “[…] fuggire voleva dire non risolvere niente ed anzi per dirla tutta fuggire era rinunziare, in pratica, ed arrendersi, dire basta così, non ce la faccio […]”.
E allora leggetelo questo romanzo, entrate nelle sue pagine come un luogo sacro e rendete omaggio allo scrittore e alla sua creazione. Lasciate che l’acqua vi porti, parola dopo parola, nel mondo di MALACQUA.

Per queste strade nascoste umide della città altro non sopravviveva che l’attesa, e provvisorietà sconcertante infida scendeva a incidere i pensieri e niente scampava, niente tranne che questo senso disperato e triste che adesso probabilmente ogni cosa sarebbe mutata. […]
Nient’altro che la paura lui si ritrovava addosso, e se la sentiva fredda e dura sotto la stoffa della camicia, e molte ore erano trascorse adesso, molte ore, e l’intera giornata se n’era trascorsa adesso, e lui si ritrovava con la stanchezza che l’aveva assaltato alle ginocchia, che aveva fatto forza sui tendini e sui nervi. […] Andreoli Carlo avvertì la solitudine di un cane claudicante.

Nicola Pugliese – MALACQUA, Tullio Pironti Editore, Napoli 2013

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