VERSO CASA

Alzavi l’indice della mano sinistra ed io mi avvicinavo. Dove sono le mie scarpe? domandavi. Sono qui, accanto al letto. Io te le facevo vedere. Eri contenta di averle ritrovate. 
Ogni giorno dovevo lucidare le tue scarpe per il giorno in cui le avresti usate per tornare a casa. Ma siamo già a casa, dicevo. Tu scuotevi la testa. Non mi credevi.

A mezzogiorno sceglievamo insieme il formato di pasta, te ne mostravo di due tipi e tu, sempre con l’indice della mano sinistra, indicavi quello che preferivi. 
Avevo comprato un cucchiaio speciale per farti mangiare e prima di portarti il cibo alla bocca ci soffiavo sopra come si fa con quello dei bambini. Tu la bambina ed io l’adulta che ti nutriva. L’acqua la bevevi da una cannuccia. Io reggevo il bicchiere mentre tu cingevi la mia mano con la tua. 
Il tuo sguardo nebbioso e sorridente malgrado tutto. A volte cercavo riparo nei tuoi occhi, pianeti di una galassia incontaminata. 
Con interesse seguivi ogni mio movimento nella stanza e se uscivo chiedevi: ritorni? Io ritornavo. Ritornavo sempre. A volte domandavi di me oltre te. Mostravo i palmi delle mani, tu comprendevi. 

Dopo pranzo riposavi, io leggevo al tuo fianco oppure contemplavo il soffitto. Nei rari momenti in cui prendevi coscienza della tua condizione mi chiedevi se c’era una cura per guarire. No! Rispondevo senza pietà. Credevo che la verità ci avrebbe salvate. Sbagliavo. Su molte cose ho inciampato. E tornare indietro non mi è più concesso. Per fortuna dimenticavi in fretta la mia cattiveria. Ritornavi ad amarmi. Io, invece, volevo soltanto dimenticare. 

A merenda ti sbucciavo una mela e la dividevo in piccolissimi pezzi. Quando non hai potuto più masticare, ti ho preparato dei frullati. Tu protestavi: non sono una bambina. 
La sera un passato di verdure per te, latte caldo e biscotti per me. 

Alcune sere il buio t’agitava: portami a casa, presto, prendi le scarpe. Faticavo a calmarti. Per ore ti rincorrevo nell’altra vita. Io ero lì accanto a te, e non capivo perché cercavi la tua di madre. Mi manca, pronunciavi sconfitta e terrorizzata. Andavi lontano, io ti inseguivo, senza mai raggiungerti. Esclusa dai tuoi ricordi m’arrendevo. Aspettavo. Poi ritornavi e stringevi me come non avevi mai fatto prima. In quell’abbraccio io tornavo bambina e tu finalmente mia madre. 

La notte ci coglieva fragili e indifese. Passa, passerà vedrai. Mi davi conforto e speranza.
Il giorno dopo tutto ricominciava daccapo. Tu, io, noi. Le scarpe da lucidare per andare. Camminare insieme. Il tempo che ci restava era misurato dai tuoi respiri e dal torpore dei miei pensieri. Quando viene il medico? Domani. Porterà una medicina per camminare … perché non rispondi?

©MimmaRapicano_21settembre2021

In copertina: The Port of Morgat (1882) by Odilon Redon

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