UNA VITA COME TANTE, Hanya Yanagihara

Ho letto le millenovantuno pagine di questo romanzo rubando minuti, ore, giorni ad ogni altro impegno perché una volta iniziato non è più possibile fermarsi. Sono dolcemente entrata nella vita di quattro amici e ho seguito incantata i loro sogni, le paure, le speranze, gli amori, il successo.
Quando ho finito di leggerlo ho stretto sul petto il voluminoso tomo per un lungo abbraccio d’addio anche se già sapevo che un vero commiato non era possibile perché la storia avrebbe continuato a ossessionarmi.
“Perché hai smesso di scrivere? Ricomincia, ti prego, parlami ancora di Jude, Willem, Malcolm, JB, portami per le spoglie e silenziose strade di New York ancora una volta. Non lasciarmi sola proprio ora” ho urlato alla scrittrice.
Hai tra le mani un semplice romanzo, mi son detta, è carta intrisa di finzione, è letteratura, è arte nulla di più, mi ripetevo.
Ma la voce dei personaggi, intima e drammatica, è stata così dirompente e penetrante da rendere vano ogni sforzo per dimenticarla e passare a una nuova lettura.
Alcune volte, mentre leggevo, sentivo il dolore di ferite non mie, ho avvertito il disagio e la paura per le abominevoli violenze subite da Jude, ho percepito il tocco gelido di una lama che lacerava ogni certezza mentre dentro di me aumentavano lo sgomento e il terrore.
Nessuna delle millenovantuno pagine è superflua, tutto è misurato, è giusto, è lì per un motivo preciso. La trama è costruita come una scacchiera sulla quale il lettore diventa una pedina tra le mani della scrittrice, impossibile resistere, bisogna soltanto lasciarsi andare.
Ed io mi sono lasciata condurre da Hanya Yanagihara nel suo labirinto di vetro, da lì ho visto albe inondarsi di una felicità opaca e incredula, ho provato l’angoscia e lo spaesamento per queste piccole vite che si intrecciano e si sostengono l’un l’altra.
È un romanzo che va oltre l’amicizia, l’amore, la violenza, l’omosessualità. È una vita come tante, un minuscolo pianeta nell’universo degli affetti, è come la vita vera che a volte ti fotte e a volte ti sorprende per la sua incredibile bellezza. E, proprio come nella realtà, accadono cose belle e cose brutte, accade di non riuscire a reagire né al bene né al male, accade di sfiorare l’abisso e di trovare inaspettatamente una mano tesa pronta a darti un’altra possibilità.
La scrittura di Yanagihara non ammicca a facili sentimentalismi, la sua è una cronaca asciutta e cruda, è un’alchimia narrativa difficile da spiegare. È un’opera densa e potente, e solo leggendola si potranno capire le mille sfumature del racconto.
Le ultime duecento pagine sono state le più sofferte e ancora oggi, a distanza di giorni, mi sento spossata e prigioniera di quelle emozioni. È questo, penso, debba fare la buona letteratura: afferrare il lettore, scuoterlo dalla sua apatia, condurlo in terre lontane dove non esistono confini e magari guarirlo dalla sua cecità, dalla sua stolta condizione di essere umano.
Grazie alla Casa Editrice Sellerio per aver pubblicato in Italia questo meraviglioso romanzo, al traduttore Luca Briasco e alla mia cara amica Lo per avermelo consigliato.

… Malcolm era preoccupato perché vivere significava preoccuparsi. La vita era qualcosa di spaventoso, e di inconoscibile. Perfino i soldi, che Malcom aveva in abbondanza, non lo rendevano immune, o comunque non del tutto. La vita poteva piombargli addosso in qualunque momento, e sarebbe stato costretto a reagire, come tutti, del resto. Ciascuno di loro — Malcolm con le sue casette, Willem con le sue ragazze, JB con i suoi quadri e lui con i rasoi — cercava una forma di conforto, qualcosa che gli appartenesse completamente e che tenesse lontane la grandezza terrificante e l’impossibilità del mondo esterno, lo scorrere implacabile dei minuti, delle ore, dei giorni.

Hanya Yanagihara – UNA VITA COME TANTE, Sellerio, Palermo 2016

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