SEGRETI

Abbiamo tutti dei segreti. Il mio è graffiato sulla vernice di un vecchio filobus verde.
I miei quindici anni furono come la prima rosa in un giardino incantato. A pensarci ora non credo di aver mai avuto un giardino dove seppellirlo il mio segreto. Quello che seppellii allora fu l’innocenza di un’adolescente con un cuore di burro che elemosinava un ricciolo d’amore.
Tutti gli adolescenti sono alla ricerca dell’amore. Il primo, quello che fa vedere la luna e le sue sorelle. Il primo, il vero e grande amore. Ma, lo capii dopo, l’adolescenza è solo un boccone amaro da buttar giù tutto d’un fiato, cicuta su sogni d’ovatta.
Segreti.
Avevo quindici anni e un ventre amorfo e senza voglie. Nulla di quelle interminabili invasioni mi rendevano cosciente del primo sesso, come calze di nailon su gambe ancora bambine. Mentre io mi concedevo, mentre il cuore era preda d’illusioni e visioni, il mio corpo si lasciava deflorare senza vergogna da mani tozze e callose, roccia bollente su sabbia argentata.
Segreti.
Qualcosa restò impigliato nel mio ventre. L’inganno fu trovarsi in una stanza senza sapere più chi ero e dove mi trovavo. Riflessi, solo figure di cose che illuminavano altre cose e pensieri abbagliati da sguardi indiscreti che come speleologi esploravano il mio grembo.
Poi uno strappo, singolo, vellutato. Non fu come estrarre un dente dove lentamente la radice abbandona la mascella, no, quello strappo fu diverso. Qualcosa esplose dentro di me e la sensazione di mille mani, mille piedi, mille occhi che risucchiavano di colpo il mio candore.
Segreti.
Chi prese quella decisione per me comprese che non vi era altra strada da percorrere perché scegliere non faceva parte del gioco. E in gioco c’era la mia vita, il mio futuro.
Fu tutto molto facile. Un filobus verde, andata e ritorno. Riposo, tanto riposo e: «Attenzione alle emorragie». Semplice e atroce insieme. In quella stanza si consumò il matrimonio perfetto tra illegalità e dolore.
Seduta sul filobus verde del ritorno ricordo l’incedere lento e il rollio del mezzo di trasporto poco consono dopo un fattaccio del genere. Il tanfo degli abiti bagnati di sudore e le voci stanche dei passeggeri divennero la tavolozza della mia interminabile estate.
Solo una lacrima, una sola, singola, calda, bianca. Poi più nulla. Vuoto assoluto come se quel giorno non fosse mai esistito.
E così, senza memoria, continuò il mio lento incedere nell’adolescenza, un’allegra bambina che gioca a moscacieca con il destino.
Segreti.

©MimmaRapicano-2016

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