LA LETTERA

Cara amica,
vi scrivo poche righe da questo gelido riparo che è la mia vita. I ricordi si ammassano, si confondono e a tratti svaniscono ed io con essi. La mia memoria oscilla e si consuma in un presente che sa di mandorla e zolfo. Ogni tanto qualcosa riaffiora e la mia mente diventa un via vai di figure di cui non ricordo il nome, né la provenienza, né il motivo della nostra presunta amicizia o familiarità. Sopravvivere a questo caos diventa sempre più faticoso e difficile.
Per non dimenticarvi leggo spesso le vostre lettere e nei fogli ingialliti cerco il profumo delle vostre mani. Vi cerco tra le pagine del nostro libro preferito, la storia della balena madre che leggevamo insieme ai piedi della quercia. Quei giorni erano pieni di noi, noi che non ci occupavamo del tempo e il mondo attorno a noi era silente come la solitudine è figlia di quell’albero senza frutti.
Sento l’eco della vostra voce quando mi parlavate della possente bellezza del grande mammifero e in estasi ci lasciavamo cullare dalla tempesta, dall’abilità e dal coraggio dello scrittore per aver seguito, senza timore, la divina scia della balena bianca.
Solo a voi posso lasciare i miei pensieri ormai grigi e sfatti perché so che non vi turberanno. Voi ne coglierete il verbo per farne linfa e germoglio nel vostro giardino. Le mie parole sono fuori controllo, un gorgo di voci che nemmeno l’inchiostro può contenere. Guardo oltre la grata della finestra e il fruscio degli alberi smuove la nuova stagione come una sposa muta e disordinata.
Mi avete insegnato che nulla può fiorire in un campo vasto e sterile. E allora ho arato il mio di campo e seminato la bellezza, gli insulti, la disperazione, il dolore, le preghiere e il canto. Immobile, come un servo devoto, mi accosto alla terra aspettando un segno.
Ha detto scrivi! lei ritornerà o sparirà per sempre. Ma il medico mi crede un folle, ne è così certo che gira la chiave nella toppa della mia cella infinite volte segno evidente della sua infantile paura. I folli, come da regolamento, sono da tenere lontani, reclusi. Ma la vita è piena di folli visibili e invisibili, due realtà che si mescolano, si sfiorano e lottano per sopravvivere alla stessa maniera. Io scavo senza sosta cercando una verità perfetta da indossare, vado più a fondo, sempre più giù finché non troverò che abisso e pace.
Vi rivedo, seppur lontana, ombra tra le ombre mentre i fulvi capelli accarezzano un cielo glauco e insonne. Sono nudo, indifeso e la mia follia profuma d’assenzio.
Questa è l’ultima lettera. Le parole mi temono ed io temo loro e non ne conosco di nuove capaci di contenermi.
Voglio andare lontano e scoprire i sospiri beffardi dell’universo che domina ogni cosa e mi accoglierà come un figlio perduto.
Ritorno a casa, amica mia, ritorno dove tutto è inizio. La mia esistenza, grazie alla vostra preziosa e salvifica amicizia, è stata una conchiglia odorosa di nardo e incenso.

Adesso è per sempre amica mia.
H.

©MimmaRapicano-giugno2017

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