LA CAYENNE / Venticinquesimo giorno

Da quando, con un decreto ministeriale, il governo ci ha chiesto di restate tutti a casa, a me capitano un sacco di cose strane. Non so, forse mi capitavano pure prima, ma in quel prima o non le vedevo o non succedevano certe cose strane.
Comunque, questi gironi di rataratà sono diventati molto impegnativi, faccio molte cose, e la giornata intera quasi non mi basta più. 

Tra una cosa e l’altra, mi concedo brevi pause. Pause che avvengono rigorosamente sui balconi. A volte m’affaccio a quello che da sul corso, altre al balcone che s’apre sul cortile dei cortili. Uno spazio carico di vitalità, condiviso con Rocco, l’uomo compasso, il carrozziere, la Cascettone, le donne in pigiama, ciabatte e bigodini, palazzi dentro palazzi, gente su gente. Una folla!
Dal balcone latto strada da qualche settimana sta succedendo un fatto molto, molto strano. È apparsa la Cayenne. 

La Cayenne non è il soprannome di qualche pittoresco personaggio napoletano, ma il nome di un’auto. Nome: Cayenne; cognome: Porsche.
La presenza di un’auto del genere nel mio quartiere, è come un fiore nel deserto, un miraggio, un atollo delle Maldive apparso all’improvviso in mezzo a una sudicia pozzanghera di periferia.
È nuova di zecca, la Cayenne, un’auto così non si vede spesso, né tantomeno parcheggiata in strada tutta la notte. È lucida, la Cayenne, nera come la pece e anche se la guardo da lontano, non so perché, mi mette soggezione.
La mia un’auto, invece, è del tipo comunale, un’utilitaria di tredici anni, ammaccata in più parti, con gli ammortizzatori scarichi, gli specchietti retrovisori presi allo scasso e di colore diverso da quelli originali, il cofano mezzo arrugginito … insomma un’auto non proprio di rappresentanza come la Cayenne. Però è fedele… Beh, insomma, non sempre lo è stata… ma questa è un’altra storia.

Il modello base della Cayenne ha un prezzo stratosfericamenteesagerato. Non so, ma a me un’auto che costa quel che costa questa dovrebbe averci dentro: un centro massaggi con massaggiatore, una sauna turca e una finlandese, l’intera biblioteca d’Alessandria d’Egitto e se avanza dello spazio pure la Sfinge di Giza.
Ogni sera m’affaccio per controllare dov’è parcheggiata. A dire la verità non ci sta sempre, appare e scompare, come se a portarcela qui fossero degli alieni sprovveduti o che stanno effettuando un esperimento socio–antropologico–covidiano (tanto per restare in tema). 

Sarà quel che sarà, io comunque la tengo d’occhio e da alcune sere mi affaccio spesso per capire chi sia il proprietario. Ma niente da fare, non lo becco mai.
La Cayenne ieri sera è stata parcheggiata proprio sotto il mio balcone. Vista dall’alto, circondata dalle altre misere e sgangherate auto comunali, illuminava la strada più della luce dei lampioni a led.
Stamattina mi sono svegliata alle cinque e venti. Sono corsa al balcone, ho aperto l’imposta per controllare e… urra! la Cayenne era ancora parcheggiata. Questa volta lo becco.
Mi precipito in cucina a fare il caffè, ma per la fretta inciampo nel piede di una sedia nell’ingresso–cameradapranzo–biblioteca (sì ho una stanza che assolve a più funzioni contemporaneamente. Vacillo ma non cado, a cadere, invece, è la sedia. Crash! Tumb!

– Che è successo?
– Niente, niente… la sedia. È caduta.
– Caduta?
– Ci sono inciampata, stava fuori posto.
– Sì, ma tu correvi. Ti ho sentita. Perché correvi?
– La Cayenne.
– Cosa?
– La Cayenne è ancora lì, stavolta lo becco.
– Te l’ho detto tante volte… 
– Cosa?
– Che svegliarti troppo presto non giova alla tua salute…
– …mentale, volevi dire mentale?

La moka è già pronta, l’ho preparata ieri sera, la metto sul fuoco, aspetto con impazienza il gorgoglio del caffè, poi in punta di piedi e attenta a non inciampare in nessun’altra sedia, vado di nuovo al balcone. La Cayenne non si è mossa. Bene.
Ritorno in cucina, il caffè è pronto, lo verso. Ritorno alla mia postazione di vedetta, procedo in punta di piedi, questa volta in una mano ho la tazzina di caffè, l’altra, invece, è libera. Arrivo al balcone e… la Cayenne m’è sparita sotto agli occhi.

Imbambolata e delusa me ne ritorno in cucina, sempre attraversando l’ingresso–cameradapranzo–biblioteca.
– E allora? L’hai visto.
– No. Temo che la Cayenne non esista. È un miraggio, colpa del virus e degli alieni. Sono loro a portarcela qui ogni sera, non si spiega altrimenti. Ho deciso, oggi scriverò una lettera di protesta al Presidente del Consiglio, perché se il restaacasaperfavoreenonfartelodirepiùdiunavoltaeportaconteilmodulochesenzailmoduloultimaversionenonvaidanessunaparte vale per me, deve valere pure per loro.
– Loro chi?
– Gli alieni della Cayenne.
– Oh mio Dio!!!!

©MimmaRapicano_2020

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