SEMPRE, SARÀ PER SEMPRE? / Trentaquattresimo giorno
– Cosa sono questi fogli sul pavimento?
– Non sono fogli.
– E cosa sono?
– È il percorso.
– Io vedo fogli, alcuni bianchi, alcuni… non so, da qui non vedo bene… cosa c’è scritto?
– Uffa! Non sono dei semplici fogli.
– È un inutile spreco di carta il tuo… percorso.
– Sì, ma creare il percorso, è indispensabile.
– Indispensabile per cosa?
– Per tornare. Tornare a casa.
– Ah, questa è bella. Ma sei già a casa!
– No.
– E dove sei? Così, tanto per essere informato nel caso ti cercassero.
– Tranquillo, nessuno mi cercherà, con me è vietato parlare, non ricordi? Comunque, lo so dove sono.
– Bene! Sai dove ti trovi, è già un fatto. Ora mi spieghi a cosa ti serve un percorso.
– Non è UN percorso qualsiasi, ma IL percorso! Intesi?
– Ti ricordo che lì fuori c’è una pandemia e non possiamo uscire. Siamo in quarantena da ben trentaquattro giorni.
– Questo è quello che credi tu.
– Perché qual è la verità?
– Guarda qui, lo vedi questo.
– Io vedo soltanto un foglio bianco.
– Tu credi sia bianco?
– È possibile che oggi sia più miope degli altri giorni.
– Possibile.
– Sugli altri vedo appena delle lettere, minuscole, cosa sono?
– Consonante, vocale, consonante, vocale.
– L’essenziale è invisibile agli occhi.
– Casa, casa, casa, casa!
– Perché hai scritto “casa” tante volte?
– Per tornare, non capisci? Devo farlo prima che ne perda memoria.
– Tornare… memoria… Ma di cosa parli?
– Ecco, questo è il punto.
– Quale punto.
– Il punto, dico, il momento esatto in cui la parola c–a–s–a perde il suo significato. Capito? E se me lo lascio sfuggire non avrà più senso nemmeno starci in c–a–s–a. Estranea, fuori posto, ondulata, incerta. Comprendi ora?
– Il buio è profondo.
– Distanziamoci.
– È domenica mattina…
– Se non lo faccio ora, la perderò per sempre.
– Ma questa è casa tua.
– Sì e no, soltanto il percorso mi aiuterà …
– Preparo la colazione.
– Un tempo la casa era un posto dove ritornare, ora è impossibile tornarci perché non si può andare via, e se non parto non credo sarò più capace di tornare. L’idea di c–a–s–a sta per precipitare nella vulnerabilità di un orizzonte incerto. Capisci ora?
– È questione di poco.
– Tu credi?
– Sì.
– E dopo? Dopo, dico, se vado e non trovo più la via di casa.
– Ci sarò io.
– Sicuro?
– Sicuro.
– Ci sarai sempre?
– Sempre.
– Sempre non esiste, lo sai bene. Esiste il… finché.
– Facciamo che il finché di questa mattina sia vero fino a sera, vuoi? Poi si vedrà.
– Allora prendi dei fogli e traccia il tuo percorso, ne avrai bisogno. Non guardarmi con quell’espressione desolata… su, chiama mia madre, lei ti dirà.
– Prima preparo un caffè, lo faccio bello forte, lo vuoi anche tu?
– Sì, finché… Per me amaro, grazie, come sempre.
©MimmaRapicano_2020