DUE GOCCE DI PIOGGIA

Venerdì sera. Le previsioni meteo questa volta non deluderanno. Le nuvole sono gonfie, scure e basse, l’aria fresca rinfresca. Uccelli volano in tondo, formano un vortice, poi svaniscono richiamati e allertati dai lampi e dai tuoni in lontananza. Lo vedo il temporale, arriva dal mare. L’avviso di pioggia imminente passa di balcone in balcone, le donne s’affrettano a togliere i panni stesi. Arriva una pioggia sfatta che neanche tocca terra. Appena due gocce. Le nuvole s’aprono e il cielo si colora d’arancio e rosso. Gli ultimi raggi del sole. Tramonto di stagione. Autunno rinviato, è di nuovo estate, afa e sudore. Attesa disattesa.

Sabato mattina. Di nuovo nuvole, forse oggi arriva la pioggia. Il risveglio del quartiere è stranamente silenzioso, figure in pigiama si muovono senza far troppo rumore. S’alzano le persiane e il profumo di caffè solletica l’olfatto. Aria di casa. 
La vecchia signora del secondo piano è già al suo posto, seduta fuori al balcone ancora in camicia da notte. Le mani conserte sotto al flaccido seno, guarda dritto davanti a sé. Dall’altro lato dei suoi occhi ci sono io. Scioglie le braccia e accenna un saluto. Da così lontano non so se la sua mano si muove per me, ricambio alzando la mia tazzina di caffè. Caffè che non ho ancora bevuto. Mi sembra di vedere un suo sorriso, forse. 

Rintocchi di campane, sono quasi le otto. Da ragazzina nella chiesa della Santa patrona ci ho servito messa. Un prete rivoluzionario decise che sull’altare potessero salirci anche le femmine. E mi ritrovai con un saio bianco e una croce sul petto ad aiutare il sacerdote con molta timidezza e poca dimestichezza. Parità di genere l’avrebbero chiamata oggi. Allora fu uno scandalo. Iniziativa bocciata dal vescovo in persona che di certe rivoluzioni non ne voleva sapere. 

Sorseggio il caffè che intanto s’è fatto freddo. Una mattina lenta e discreta. 
Luigi apre il pesante cancello dell’officina. Ha un’aria mesta ma è un grande lavoratore. Le case che circondano la mia casa sono le stesse della mia infanzia, alcune abbandonate, altre abitate dalle nuove generazioni, in alcune c’è il peggio. Credevo d’averlo incrociato il peggio, invece… 
Negli anni le facce nel quartiere sono cambiate, di sicuro più arrabbiate, sguaiate, deturpate dall’ignoranza, eppure in certi momenti mi sembra tutto così uguale. Anche i ricordi possono mentire. Ma basta cambiare prospettiva, voltare poco poco la testa e mi ritrovo in un’altra dimensione. Ed eccomi nel giardino del cortile interno al mio palazzo dove ieri mattina hanno abbattuto una pianta. Era rigogliosa e di un verde brillante. Uno strazio senza senso. Mesi fa, nello stesso giardino, hanno ucciso un albero di arancio. Anche allora senza un valido motivo. Zanzare, la gente del palazzone si è lamentata, albero cresciuto troppo, le foglie cadono spesso, il profumo troppo intenso, gli uccelli cinguettano…

Eccole, di nuovo le nuvole come un muro compatto e minaccioso, vento fresco, forse oggi è giorno di temporale. La vecchia signora, con molta fatica e reggendosi alla ringhiera, rientra in casa. Io resto ancora sul balcone a bere l’ultimo sorso di caffè. L’attesa sembra davvero finita. Ci siamo. Ma la pioggia sottile svanisce come un colpo di tosse. Il cielo in un attimo ritorna azzurro e limpido. Niente da fare, anche oggi soltanto due gocce. 

©MimmaRapicano_4settembre2021

In copertina: The Port of Morgat (1882) by Odilon Redon

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